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sabato 29 gennaio 2011

Strada dei Principi

                          
Il segnavia scritto in "Lingua Piemontese" 



Un po' di storia

Si narra che il 25 ottobre 1836 per  volere di Carlo Alberto  le salme di 27 nobili Savoia vennero portate  da un corteo funebre da Giaveno alla Sacra di San Michele  attraverso questo sentiero, per essere tumolate nei sotterranei della Sacra stessa;da allora il tratto da Frazione Mortera a destinazione diventò la Strada dei Principi in “piemontese”  Strà dij Prinsi.

Abbazia Sacra di San Michele


25 Dicembre 2010

Questa è l’ultima escursione del 2010,un altro anno indimenticabile come il 2009;oggi ho pianificato l’escursione che da la “Strada dei Principi” sale  alla Sacra di San Michele. Questo itinerario l’avevo fatto con mia figlia Lory l’autunno scorso in una giornata nebbiosissima; oggi invece siamo andati a vivere l’emozione di un’escursione con nevicata in corso. Alle 14.00 raggiugiamo a fatica con l’auto Frazione Mortera, lungo la provinciale che da Avigliana sale al Colle Braida. Posteggiata l’auto sul lato destro della strada entriamo in Frazione Mortera, attraversiamo le poche case e seguiamo il segnavia scritto in piemontese Strà dij Prinsi. 






Frazione Mortera
Dal segnavia lungo un sentiero in mezza costa nel giro di 30 minuti raggiungiamo Pian dij Fan. Dopo l’unica abitazione presente con esposta la bandiera NO TAV notiamo sulla nostra destra uno strano macchinario risalente a inizio 1900,probabilmente usato ad accessorio di qualche attività estrattiva. Dopo altri 30 minuti raggiungiamo un colletto che  da verso la Sacra di S. Michele. 




Vaglio Rotativo del 1900
Il sentiero ora comincia a scendere per raccordarsi a un posteggio situato poco prima di un colletto; questo tratto si snoda tra splendidi Pini Silvestri e una grande faggeta, il percorso è  immacolato, nemmeno tracce di animali.  Interessantissimo il rinvenimento del pannello seminascosto che segnala il Sentiero dei Franchi che da qui raggiunge Oulx; poi il segnavia dell’antica mulattiera che scende a S.Ambrogio (versante sud) e quella (versante nord) che raggiunge Chiusa S.Michele.
Sentiero tra i Pini Silvestri




Un dettagliato pannello situato nel piazzale antistante la Sacra descrive  la conformazione geologica del Monte Pirchiriano su cui appoggia la Sacra stessa. Raggiunta quest’ultima foto di rito e poi la  discesa attraverso la mulattiera che porta alla sottostante Frazione S.Pietro con l’omonima chiesetta risalente al 1700 circa.


Sul tratto terminale del sentiero tra i Pini Silvestri




  Poi raccordo all’asfalto principale proveniente  da Colle Braida e discesa verso Mortera Mentre il tempo volge al bello un Capriolo passa poco dietro di noi; intanto   sulla nostra sinistra in alto in un cielo che si sgombra  dalle nuvole si evidenziano la Rocca Sella,il Monte Curt e il Monte Musinè;


I Laghi di Avigliana






 in basso i due Laghi di Avigliana Camminiamo circa un’ora e lungo il percorso si  comincia a vedere qualche sparuto turista reduce dal pranzo natalizio che noi abbiamo già digerito. Raggiunta l’auto nei pressi di Mortera torniamo a ritroso per la stessa strada da cui siamo arrivati con la neve che comincia a sciogliersi a causa del passaggio automobilistico. Quattro ore di escursione per me il modo migliore per “digerire” il Natale.




Abbazia Sacra di San Michele

                   

                



   




martedì 25 gennaio 2011

Val Sangonetto ( I sentieri dei Partigiani)



Vallone del Sangonetto sullo sfondo il Monte Pian Reale


Sabato 22 gennaio 2011

Uno degli aspetti curiosi del mio modo di fare escursionismo è lo scarso utilizzo di cartografia di cui dispongo e tantomeno le informazioni che posso acquisire da internet. Mi lascio spesso guidare dall’ispirazione ,salgo sulla collina di Rivoli,osservo le condizioni meteo e poi improvviso. Posso affermare che quasi tutte le escursioni in Val Sangone (circa 30) sono state affrontate seguendo questo metodo;per cui spesso devo ripeterle per focalizzare meglio la situazione geografica del sito e le vicende che lo riguardano,e solo in questa circostanza faccio utilizzo delle cartine dell’IGC Oggi è il turno della Val Sangonetto già frequentata in tre occasioni in condizioni climatiche non ottimali. Quest’ampia valle di origine glaciale si trova a 35 km circa dal mio comune di residenza ed è situata tra la Val Susa a nord-est e il Vallone del Ricciavré a nord-ovest. Oltre all’aspetto escursionistico questo sito offre pure l’opportunità di un trekking culturale,attraverso “Il sentiero Geologico” e i “Sentieri dei Partigiani” facenti parte del vasto progetto realizzato in collaborazione con la non lontana Francia dell’ Ecomuseo della Resistenza” a cui hanno aderito molteplici vallate alpine,anche oltre frontiera.Ritengo probabile vista la corposità degli argomenti che possa suddividere l’escursione odierna a seconda delle tematiche,quella di oggi riguarderà  “I Sentieri Partigiani”.Per non smentirmi neppure oggi. appena entrato nell’Indiritto (il sito a valle del V.del Sangonetto) vedo una borgata mai visitata La Rocca (ore 9,15) e di qui decido di iniziare parte dei “Sentieri dei Partigiani”.Non poteva mancare ovviamente la Cappella dedicata alla Madonna situata su un cucuzzolo a sud della borgata, poi attraversando le baite fatiscenti noto un bellissimo dipinto del 1866 dedicato a S.Michele ;proseguendo verso sud ovest seguono a distanza di 15 minuti circa le Borgate, Aletti, Canalera, Mamel, Tiras e Sordini.


Borgata Dogheria








Borgata Mamel




Singolare il fatto che lo stesso dipinto presente in La Rocca sia pure presente in Mamel e Sordini. stesso pittore stesso commendatario. Seguendo lo sterrato con poca neve vorrei proseguire sul versante nord della Costa del Pagliaio ,ma l’attraversamento del Sangonetto si presenta problematico per mia figlia che mi accompagna,per cui mi sposto verso Borgata Sordini a sud per seguire una traccia pastorale che costeggia il Sangonetto. Intorno alle 13,00  sparita  la traccia di sentiero ci vediamo costretti a risalire un ripido pendio verso Case Sisi sul sentiero GTA proveniente da Borgata Tonda. Poi proseguiamo verso Pian Goraj e giunto al bivio col sentiero che porta a Pian dell’Orso faccio l’errore di seguire il segnavia per Alpe Palè con esposizione Nord,neve durissima e scivolosa e qui passo un brutto quarto d’ora in quanto mia figlia ha un attimo di panico. Col l’aiuto dei rami della faggeta mi traggo d’impiccio e sbuco su Pian Goraj  a quota 1500 metri circa con pochissima neve ma dove sono presenti due cappelle votive e un curioso abbeveratoio scolpito nel legno.;di qui il sentiero prosegue per Alpe Giaveno inferiore e Superiore nei pressi della quale c’è il piccolo Lago Blu a 2000 mt circa di altezza  Vediamo la situazione geografica intorno a noi guardando nel virtuale senso di marcia,leggermente spostato verso la nostra sinistra la vetta più alta il Monte Pian Reale,a scendere verso valle la Rocca Rossa, i Picchi del Pagliaio.la Costa del Pagliaio fino ad arrivare al colletto del  Ciargiour. Sulla nostra destra scendendo a valle dal Monte Pian Reale il Colle delle Vallette,il Monte Costabruna,il Monte Muretto,il Colle Salancietta,Il Monte Salancia,il Piano dell’Orso (con la bellissima Chiesetta Madonna delle Nevi)a scendere fino al Roc du Preve e il Colle Bione. Circa la vegetazione prevalgono le faggete e betulle sul versante sud, mentre sulle pendici opposte dei Picchi del Pagliaio ampia forestazione di Pino,Larici,Pino Silvetre e Pino Mugo in particola modo sulla Costa del Pagliaio. Foto come da rituale e poi ritorno attraverso il sentiero GTA che passa da Case Sisi, Fontana Sisi e Borgata Dogheria  per raggiungere Borgata Tonda,sottolineo la quasi assenza di neve,e laddove è presente trattasi di ghiaccio durissimo e pericoloso in quanto spesso coperto da fogliame dei Faggi. Qui siamo su una strada asfaltata che passa attraverso Rosseria ,sfiorando Sartorera e Case Marun per arrivare nuovamente a Borgata La Rocca da cui siamo partiti. Circa sette ore di escursione fortunatamente con tempo meraviglioso.





Un po’ di storia


Vallone del Sangonetto (percorso n.2)


Alcune località le ho volutamente evidenziate in grassetto blu scuro,in quanto trattasi di siti dove operava la cosi detta  Banda dei Geni di Eugenio Fassino il papà dell’on. Piero Fassino. Eugenio è nato infatti nel vicinissimo comune di Avigliana ;poi siccome Eugenio in dialetto piemontese è “Genio” ecco perché la sua banda venne chiamata in un primo tempo la Banda dei Geni e solo più tardi Brigata Carlo Carli.Bisogna sottolineare che le vicende belliche contribuirono molto a modificare le situazioni sul campo per cui Fassino in un prima fase operava sul sito Moncalarda Verna (con la Banda Nino Carlo) confinante con la Val Chisola e solo dalla primavera del 1944 in poi stabilì il suo quartier generale tra Borgata Mamel e, Dogheria mentre  nelle emergenze si spostava  in prossimità del Lago Blu oltre Alpe Giaveno Superiore  alle pendici del Monte Pian Reale


Il comandante Eugenio Fassino 

I compiti strategici del comandante Fassino erano di controllare lo spartiacque con la Val Susa situata a Nord Est. Nell’Aprile del 1945 a pochi giorni dalla fine della guerra Fassino fu catturato e portato al Martinetto di Torino per essere fucilato;il comandante tedesco conscio che la guerra era ormai terminata lasciò volutamente aperto il camion cellulare in tal modo  prigionieri fuggirono tutti. Circa la stesura storica mi scuso per qualche eventuale piccolo errore  qual’ora ci fosse, ma non trattandosi di un copia e incolla è possibile .Posso affermare  con orgoglio che tutti “I sentieri dei Partigiani” della Val Sangone (4 circuiti) li ho percorsi tutti,e talvolta pure due volte per cui ho toccato con mano e immaginato il disagio .la fatica e le sofferenze che hanno provato coloro che hanno lottato per la nostra libertà e a cui ho voluto rendere un tributo con questo mio semplice post.


lunedì 24 gennaio 2011

Val Grana





Il Santuario di Castelmagno




Domenica 23 gennaio 2011


Il  mio rapporto escursionistico con la Val Grana continua ad essere  casuale e  frutto di  circostanze come la prima volta nel 1989, la seconda volta nel 2000 e oggi  la terza nel 2011. Curiosa la circostanza di 11 di distanza da ciascun evento; in questa occasione devo però ringraziare la cordiale insistenza di un’amica che invitandomi in questo sito mi ha permesso di trascorrere una giornata meravigliosa.
Dal mio comune di residenza abbiamo comunque impiegato circa due ore circa di viaggio e quando abbiamo raggiunto il piazzale antistante al Santuario di Castelmagno erano le 11,00 circa. Ovviamente l’escursione è stata modulata in base al tempo a disposizione e valutando di camminare sul versante Sud-est soleggiato. Vediamo ora dal punto di vista geografico,a nord la Val Maira a sud il Vallone dell'Arma ; la disposizione delle vette intorno a noi seguendo la direzione dell’asfalto ricoperto di neve che porta al Colle d’Esischie. e tenendo  come riferimento una frazione poco oltre  Campomolino come punto virtuale di inizio della dorsale. Per cui sulla sinistra abbiamo nell’ordine Punta dell’Omo, Passo Borel, Monte Borel, Colle Viribianc, Cima Viribianc , la Punta del Parvo di fronte a noi Dal  Colle d’Esischie a scendere sul versante Sud-Ovest la Rocca Negra, la Cima Reina, il Monte Tibert (seminascosto dalle due precedenti vette) poi il Monte Crosetta e la Punta Castellar.




Sullo sfondo la Punta Parvo

IL percorso è tutto sommato agevole, la pista poco frequentata nella parte bassa e tranne in un paio di circostanze non incontriamo alcuna difficoltà lungo il percorso sulla destra del quale sono situati alcuni alpeggi piuttosto anonimi uno di questi sulla mia cartina risulta essere Grange Borgis a 1876 metri. In ogni caso intorno alle 13,30, raggiungiamo il falsopiano terminale situato a 45 minuti dal Colle d’Esischie, segnalo che poco prima avevo perduto la mia nuova macchina fotografica recuperata prontamente da uno sciatore che scendeva a valle e che me l’ha restituita. Pausa qualche foto e poi optiamo per il ritorno vista la tarda ora, la neve che cede e l‘ombra incombente col sole che volge a Ovest. 


A circa un'ora dal Colle d'Esischie






Raggiungiamo in poco più di un’ora il Santuario e andati  oltre ci fermiamo in una trattoria a fare merenda (si fa per dire), gnocchi alla Castelmagno e carne di Cervo con polenta che per altro non avevo mai mangiato in vita mia. Bellissima esposizione di Randun all’interno della trattoria prontamente fotografata. Un bel po’ di conversazione con conoscenti della mia amica Gabry e poi il ritorno dopo esserci approvvigionati di acqua a una sorgente nei pressi del bivio che da Campomolino porta al Colletto. Giornata indimenticabile!Dimenticavo ,una sola nota stonata "La Tana della Marmotta" quel piccolo locale in cui andai a pranzare nel lontano 1° Novembre 1989 era desolatamente chiuso e fatiscente con un cartello "Vendesi"!






Una Bella esposizione di Randun









“L’ultima borgata”, piccolo mondo odierno tra i monti cuneesi



L'ultima borgata
L'ultima borgata
“Mario Sarotto, un architetto di 61 anni, s’ imbatte per impegni di lavoro in una borgata della Valle Grana. Un luogo abbandonato a causa della durezza di una vita aspra ed impossibile da affrontare senza l’ausilio delle forti braccia degli uomini e dei giovani decimati da due guerre mondiali. Una comunità viva di cui resta un luogo svuotato della vita e celato dalla quiete della montagna”. Comincia così la storia narrata nel film documentario “L’ultima borgata”, di Alberto Cravero e Fabio Mancari. Un viaggio tra le montagne del cuneese.
“Strette strade chiuse tra le case che nel silenzio nascondono le voci dei bambini che correvano e giocavano. Case con letti ancora pronti per sonni che non verranno più consumati. Una scuola con i banchi allineati che non serviranno a nessun allievo. Una chiesa visitata da qualche vandalo di passaggio. Case di pietra costruite con fatica che, ancora oggi, trasudano la vita delle decine di famiglie che le abitavano.
Questa è la Borgata Narbona oggi, un luogo dove il tempo si è fermato, in cui il silenzio lascia spazio per immaginare la vita che è stata. Questo silenzio ha scavato nella sensibilità di Mario. La sintonia tra lui e la borgata è quasi immediata: dove tutti vedevano solo ruderi abbandonati lui invece ebbe la sensibilità di percepire un luogo ancora vivo per troppo tempo dimenticato e non accetta che quel passato possa andare perduto definitivamente. Provocatoriamente prende la residenza a Narbona e da sette anni la mantiene. Narbona è un luogo che Mario Sarotto ha deciso di non lasciar morire.
Insieme alla Facoltà di Agraria dell’ università di Torino ha cominciato a ritracciare le piste per gli alpeggi, per far ritornare i margari a pascolare le mucche per produrre il prestigioso formaggio Castelmagno ed ha studiato la possibilità di creare un ecomuseo di Narbona. Queste sono solo due delle innumerevoli iniziative di Mario a difesa di un luogo da vivere responsabilmente e civilmente. Questa è la storia di un intreccio tra la vita di un uomo e la vita di una borgata montana abbandonata, due percorsi che si sono uniti e che ostinatamente proseguono insieme il loro cammino”.
Il documentario ha il patrocinio della Provincia di Cuneo e del comune di Castelmagno, ed è ambientato nella borgata Narbona in provincia di Cuneo. Il progetto è presente sul sito Produzioni dal basso al link: http://www.produzionidalbasso.com/pdb_520.html: attraverso questa pagina si può sostenere il film prenotando il dvd del documentario che uscirà e verrà distribuito dal mese di Aprile 2011.






Storia



Chi percorre l'alta valle Grana, superando gli abitati di Chiotti e di Chiappi, può osservare come la valle si apra in una ampia conca, ricca di vegetazione. Grazie alle condizioni climatiche favorevoli, questa zona da secoli è stata percorsa,nei mesi estivi, dalle greggi dei pastori.La prima testimonianza storica a noi giunta è un'ara, cioè un altarino, dedicata a Marte, venerato dai Romani come dio preposto alle attività dei campi, ai confini, e alla attività bellica che poteva assicurarne la difesa. L'iscrizione sulla lapide, decifrata nel 1953, recita: " A Marte, Dio Ottimo e Padre, Esdulio Montano costruì un'ara, sciogliendo volentieri il suo voto". Questo reperto fu portato alla luce nel 1894, dopo lavori fatti per abbassare il piano della cappella Allamandi; in tale occasione vennero ritrovate dodici tombe, vasi, lampade e oggetti vari, tra cui alcune monete di rame di epoca imperiale, risalenti circa al 250 d. C.Agli inizi dell'era cristiana, dunque, l'alta valle era già frequentata dai pastori delle popolazioni gallo-liguri da poco sottomesse ai Romani; già allora il promontorio naturale su cui sarà costruito il Santuario era considerato luogo propizio per la preghiera e i sacrifici votivi. Le tradizioni su San Magno Il messaggio cristiano si è diffuso nelle vallate del basso Piemonte nel III secolo; si sa che in questo periodo San Dalmazzo percorreva le Gallie predicando il Vangelo con i suoi compagni, e che morì martire. Questo fatto ha indotto alcuni a pensare che Magno fosse uno dei compagni del santo di Pedona (oggi Borgo san Dalmazzo), e che anch'egli avesse subito la stessa fine, come attestava la memoria liturgica. Il culto di san Magno, in ogni caso, compare nel Piemonte sud occidentale con il risorgere delle strutture monastiche benedettine a partire dal secolo XI, dopo la distruzione saracena del 900 d. C. Negli anni '30 del nostro secolo, alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che san Magno fosse un monaco benedettino, di cui varie biografie e testimonianze iconografiche attestano l'esistenza. Nato nel 699 da una famiglia romanizzata della Rezia, nell'attuale Svizzera tedesca, entrò nel monastero di san Gallo. A quarantasette anni partì e si stabilì a Füssen, nell' Algäu, boscosa regione della Baviera meridionale. Il monaco si distinse per l'instancabile opera di evangelizzazione, costruzione di edifici sacri, e soprattutto opere per migliorare le condizioni di vita degli Alamanni. Dopo la sua morte, avvenuta nel 772, si diffonde, tra i benedettini e le popolazioni ad essi legate, il culto e il pellegrinaggio alla tomba di san Magno, ricordato e raffigurato particolarmente in connessione al mondo della attività dei campi. Attraverso il Tirolo e i cantoni svizzeri, la sua venerazione si diffonde nell'Italia del Nord e del centro. La maggior parte della iconografia su san Magno presente nella provincia di Cuneo risente di un'altra tradizione. Il santo è ritratto come legionario romano con lancia e vessillo o scudo bianco crociato di rosso (un richiamo, sembra, alla croce dei Savoia).Questa tradizione trova attestazione solo a partire dal 1604, quando lo storico Guglielmo Baldesano pubblicò un'opera, con la quale, forse per far cosa gradita a Carlo Emanuele I di Savoia, considerò soldati martiri ben 97 santi il cui culto aveva profonde radici nella popolazione del Ducato di Piemonte. Si sa che questa tesi non aveva solide radici storiche, ma si basava sulla leggenda della Legione Tebea. Nasce il SantuarioAgli inizi del '400 a Castelmagno non esisteva ancora una chiesa dedicata interamente al nostro santo; si hanno notizie di una chiesa curata di Sant'Ambrogio e San Magno.Nel 1450 il sacerdote Enrico Allamandi di San Michele di Prazzo, in val Maira, fu nominato Rettore delle chiese esistenti nel territorio di Castelmagno. Sappiamo con certezza che il rettore, per i venticinque anni di sacerdozio, nel 1475 fece edificare e decorare una cappella in stile gotico, dotata di un solo altare rivolto ad Oriente, e con una apertura chiusa da una robusta grata metallica rivolta a ponente. Sulle quattro lunette della volta a crociera si conservano gli affreschi di Piero da Saluzzo; sono raffigurati l'Eterno Padre, i quattro Evangelisti e i quattro principali dottori della Chiesa latina. A fianco della cappella venne eretta anche la torre campanaria, alta 18 metri.Il crescente culto verso San Magno richiese, all'inizio del secolo XVI, l'ampliamento della cappella con una struttura antistante alla precedente. Questa fu eretta nel 1514 e fu dipinta da Giovanni Botoneri di Cherasco; sulle pareti e sulla volta a botte è presente un vero e proprio ciclo pittorico sulla vita di Gesù; sono presenti anche i più importanti santi della devozione popolare della Provincia di Cuneo, e un curioso episodio legato a Santiago de Compostela (attraverso la valle Grana passava una via secondaria per i pellegrini verso la Spagna e verso Roma). Gli affreschi, i cui colori si sono conservati molto vivi, colpisce per il realismo narrativo.Nell'ultimo quarto del 1600 terribili carestie ed epidemie di afta epizootica decimarono il bestiame, e le condizioni di vita nei campi peggiorarono sensibilmente. L'afflusso di pellegrini che chiedevano l'intercessione del santo si fece imponente. Le strutture esistenti non bastavano più, per cui, dopo un altare esterno alla cappella, si decise di costruire un nuovo, più grande tempio. Nel 1716 il nuovo edificio del Santuario era terminato; era stato edificato perpendicolarmente rispetto all'asse dell'antica chiesa. Nel 1775 venne costruito, con marmi pregiati, l'altare maggiore. Nel corso del Settecento il culto di san Magno conobbe una diffusione senza precedenti, specie delle campagne di tutto il cuneese. Altre opere importanti furono portate a termine nella seconda metà dell'Ottocento: nel 1845-48 fu sopraelevato il campanile; tra il 1861 e il 1886 venne edificato l'imponente porticato ai lati del Santuario; sopra le maestose arcate vennero ricavati i locali per l'accoglienza dei pellegrini.Importanti lavori di sistemazione del piazzale antistante il Santuario, con i nuovi locali della mensa, del bar e dei servizi, sono stati portati a termine nel 1995.






venerdì 21 gennaio 2011

Val Gravio (Sentieri della memoria)

1-Partigiani Condovesi della 113.ma Brigata Garibaldi
2-Sacrario dei caduti del Vaccherezza

Sabato 2 gennaio 2011

Ci sono delle giornate che bisognerebbe essere poeti e pittori per descriverne la bellezza. oggi è una di quelle e ce ne rendiamo conto io e Lory quando posteggiamo l’auto nei pressi della chiesa della Rocca(15 km a monte di Condove) dopo il fallito tentativo di raggiungere in auto Prato del Rio causa neve.Imbocchiamo il sentiero della memoria per Pian Vinassa e in 30 minuti circa raggiungiamo Prato del Rio ,sede del distaccamento Partigiano Reinaudo (1943-1945)

3-Cappella dedicata alla Madonna delle nevi in Prato del Rio
Superato Prato del Rio e fatto alcune foto a un cavallo ed un  asinello, dopo un breve strappo in salita, lasciamo sulla nostra sinistra il segnavia per Alpe Grisolo sede del distaccamento Partigiano “Novara” (1943-1945),poi proseguendo lungo lo sterrato quasi in falsopiano raggiungiamo il bivio per Vaccherezza /Collombardo seguiamo il primo lasciando poi lo sterrato principale per raggiungere  il Sacrario dei Caduti ;in alto la famigerata gola del Vaccherezza dalla quale i tedeschi il 20 Aprile 1945 uccisero 16 Partigiani situati nei Pressi del Rio Balmosello ,non molto lontano da Alpe  Tinetti

4-Il Colle della Portia 

5-Gola del Vaccherezza ( dinamica dell'imboscata fascista)


6-Alpe Tinetti. dietro di me la Gola del Vaccherezza

IL più giovane dei partigiani Secondino Giuliano non aveva ancora 17 anni, straziante quanto ho letto da una cronaca relativa alla vicenda sul bollettino parrocchiale rinvenuto all’interno della chiesa di S.Saturnino di Mocchie.

7-Il Vallone della Lunella visto tra Alpe Tinetti e Alpe Gagnor

Non c’è molta neve ed il percorso è segnato dal recente passaggio di escursionisti passati con le racchette, nel ritorno ne incroceremo più di dieci; proseguendo si definisce in maniera spettacolosa l’anfiteatro che va dalla Rocca Patanua,alla Lunella,alla Punta Adois, Colle della Portia e il Grifone.Uno spettacolo che lascia senza fiato, il cielo è quasi blu ,assenza totale di nuvole. Raggiunta Alpe Gagnor intorno alle 13,00 optiamo per il ritorno
Il ritorno è caratterizzato da innumerevoli incontri di  escursionisti, poi in prossimità della sbarra di Prato del Rio una famiglia di cavalli al pascolo in mezzo la neve l’opportunità di fare delle belle foto e chiudere nel migliore dei modi l’escursione per complessive  5 ore di marcia.


mercoledì 19 gennaio 2011

Val Lemina

Chiesa di S.Maria Maddalena in Talucco
Sabato 15 gennaio 2011


Quando alle 8,00 del sabato mattina guardo dal lucernario del mio mansardato che da verso la Punta Pietraborga il mio cuore si riempie di gioia, un nebbione incredibile avvolge Rivoli. Nebbione significa splendido sole in montagna. Oggi decido di andare in Val Lemina a 35 km dal mio comune di residenza; quarta escursione in questa vallata di cui mi manca solo la percorrenza di un breve tratto.Vallata nella parte alta abbastanza ampia e ben soleggiata con esposizione sud-est. In questa piccola sito ci sono molteplici possibilità di escursionismo alla portata di tutti, un percorso per MTB, il sentiero *Ecomuseo delle Carbonaie, un Sentiero Natura, la palestra di roccia della *Rocca Sbarua parte del *Sentiero David Bertrand e altri begli itinerari alla portata di qualsiasi neofita dell’escursionismo; circa la gastronomia locale  il rinomato Tomino di Talucco dal nome del paesino omonimo, alcuni ottimi agriturismi; inoltre  per chi ama come me la ricerca micologica sono presenti ampie faggete ricche di boletus reticolatus,e altre speci.

Da sinistra a destra M.Cucetto-P.della Merla-P.dell'Aquila-Cugno dell'Alpet




Nel salire verso monte dopo aver superato S. Pietro Val Lemina, raggiungo Talucco e dopo alcuni Km mi fermo e posteggio al bivio Ca’Brun -Agriturismo Fiorando. Geograficamente parlando la situazione è questa, sulla destra del torrente Lemina si snodano nell’odine il Monte Muretto, la Montagnetta il Monte Rochisie dopo il quale c’è il Colle dell’Eremita che si collega alla parallela Val Noce. In direzione sud est si sviluppa  la dorsale del Monte Freidur-Rocca Sbarua  il primo raggiungibile dal Colle Sperina, la seconda proseguendo dritti dal Colle Ciardonet,in direzione del Rifugio Mellano  Verso Nord Ovest dal Colle Sperina si percorre in mezza costa il Monte Sette confini in esposizione nord passando successivamente per le pendici  del  Monte Faiè  che declina sul  Colle del Crò .Di tutte le asperità che ho nominato la più alta è il Monte Freidur (facente parte del Parco regionale Tre denti Freidur) a quota 1451mt con sulla vetta il monumento in arte contemporanea dedicato agli eroici piloti della RAF precipitati con l’aereo mentre  cercavano di rifornire i nostri partigiani locali nel corso della primavera 1944.Uno dei comandanti di quei partigiani  della banda Nino Carlo era l’allora giovane Eugenio Fassino papà dell’on. Piero Fassino probabile  prossimo sindaco di Torino. 

Tre Denti Freidur
Dimenticavo, oggi con me c’è pure la mia figlia maggiore Lory che ama la montagna quanto me e che mi segue sugli itinerari più semplici. Diamo inizio all'escursione da Ca Brun dove abbiamo posteggiato e proseguiamo  per Case Santon e poi  raggiungiamo il Colle Ciardonet  in circa 20 minuti Di qui imbocchiamo un sentiero in mezza costa  verso il Colle Sperina in direzione Nord-est; abbiamo qualche difficoltà nel tratto finale causa il sentiero leggermente innevato che attraversa una  faggeta(il faggio era una delle risorse per la vita del montanaro per produrre il carbone vegetale).Giunti sul colle  ripieghiamo verso Nord-ovest ,in questa esposizione  della dorsale,  la presenza di neve ci crea qualche seccatura perché decisamente più alta fino al Colle Pra de l’Abba .Questo colle  da sulla splendida e sconosciuta Val Romarolo dove amava trascorrere le vacanze lo scrittore piemontese Augusto Monti(negli anni 30 del secolo scorso).A lui è stato dedicato un percorso letterario(*Sentiero Augusto Monti) con tanto di panelli informativi che da Mollar dei Franchi va fino a Provonda costeggiando in parte il Rio Romarolo per ritornare alla base di partenza attraverso innumerevoli frazioni ormai semi abbandonate.
Monte Albergian



Proseguiamo altri 20 min. e ci fermiamo sul Colletto dove consumiamo un rapido pranzo intorno alle 13,00.Proseguiamo  poi in mezza costa lungo il Monte Sette Confini e il Monte Faiè attraverso un bosco di Pini Silvestri e raggiungiamo così in circa un’ora  il Colle del Cro’. Breve divagazione in tre frazioni situate a 1100 mt circa e precisamente Cioccia  Forte e Mercateria

Punta dell'Aquila-Cugno dell'Alpet


Da qui splendida visuale su uno dei più bei valloni della zona il Grandubbione,il vallone dei carbonai per antonomasia. Splendida vista senza una nuvola fino alle punte che delimitano la Val Sangone mentre dal lato opposto in Val Chisone spiccano l’Albergian e il Gran Mioul che toccano i 3000 mt e più di altezza. Scattiamo un po’ di foto e poi  imbocchiamo l’asfalto principale che ci riporta verso Talucco , dopo un paio di tornati troviamo  le indicazioni per la Frazione Darim Superiore che raggiungiamo e superiamo per raccordarci nuovamente al Colle Ciardonet. Mentre lontano in alto nel cielo sereno, e sono solo le 15,00 si intravede la Luna. 
Sul Colle Prà dell'Abba
Altri 15 minuti di marcia sfiorando Case Santon e Case Brun e siamo nuovamente all’auto. Cinque ore di escursione circa con una temperatura a sud di almeno 20°C ;segnalo che  lungo il percorso abbiamo incontrato almeno una decina di rocciatori diretti alla palestra della Rocca Sbarua e una decina di Trekker attirati dalla splendida giornata ,un traffico insolito per le mie abitudini.

PS.*
Ho asteriscato alcuni passaggi del mio diario a cui dedicherò dei capitoli a se vista l’importanza e la dimensione dell’argomento che non potrei inserire in un solo blog.